martedì 23 luglio 2013

Seconda lettera

Mi ricordo di estati trascorse in riva al mare, pomeriggi interi spesi in acque non proprio trasparenti. 
Mi ricordo la sabbia sotto i piedi, e quel punto oltre il quale non mi spingevo perché c'era un prato di alghe e io delle alghe ho sempre avuto paura. Pomeriggi senza pensieri e preoccupazioni, tersi come il cielo ad agosto ma pieni di colore, dove bastava aspettare che mamma rientrasse dal lavoro e ci raccogliesse in macchina. Poi le ore perdevano la loro forma, si dilatavano e rimpicciolivano secondo i capricci del mio divertimento e l'unico appuntamento fisso era quello con la signora dietro al bancone del bar per il gelato, e con le sue lamentele per il mio presentarmi sempre fresca di doccia, gocciolante come un cucciolo.
Mi ricordo estati di compiti dimenticati fino agli albori di settembre in favore di libri dalle pagine sempre  ruvide di salsedine e ondulate di mare, vecchi amici mai dimenticati che trascinavo con me infaticabile e che ero solita preferire al chiassoso strillare degli altri bambini nello stabilimento. Non ero brava con le persone, né con le parole. Leggevo per riempire il silenzio che mi circondava quando scrivere non era ancora un'opzione pensabile e c'erano quei fine settimana a Lignano dove ogni sera era quasi un obbligo fermarsi in libreria perché io avevo un nuovo libro da prendere e scoprire, un nuovo amico da farmi per compensare tutti quelli che non sapevo trovare. 
Mi ricordo di queste estati perché mai una volta sono stata infelice, mai una volta ho sentito la mancanza di quello che non avevo e in fondo non sapevo davvero di non avere e la mancanza di qualcosa che non sai di non avere non si può sentire.
Il problema è quando hai qualcosa e hai paura di sentirne la mancanza o quando hai avuto qualcosa e l'hai perso pur volendolo disperatamente; è quando senti quel qualcosa scivolare via e non riesci a trattenerlo e ti chiedi com'è che tutte le cose che scappano via siano davvero come granelli di sabbia che sfilano dalle dita e graffiano pure la pelle, nel farlo. Forse sono io che non sono brava a trattenere, forse non ho mai davvero imparato a farlo, ma ci sono momenti in cui - nel caldo afoso della mia stanza - mi tornano alla mente quei pomeriggi di tanti anni fa dove niente di tutto quello che mi preoccupa oggi poteva sfiorarmi, dove era sufficiente ci fosse il sole alto nel cielo per avere la certezza che tutto sarebbe andato bene e che alla sera, alle sue prime stelle nel velluto blu della notte, avrei sorriso. E allora sorrido del ricordo e per una volta quello che ho, assieme a quello che ho avuto, è più che abbastanza.

Nessun commento:

Posta un commento